Stefano Davidson

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Cialtronarte

La parola cialtronArte sicuramente suona cacofonica e potrebbe non essere il miglior logo di viatico ad una corrente artistica o pseudo tale ma, oggettivamente, quando è stata coniata si è deciso fosse quella che rendeva meglio il concetto che doveva essere espresso attraverso questo nuovo modo di agire sull’Arte stessa. Di difficile traduzione, forse in francese si potrebbe tentare un PlucArt che però perde il calembour o magari un anglosassone ShabArt che però, a sua volta, il calembour lo av1 La parola cialtronArte sicuramente suona cacofonica e potrebbe non essere il miglior logo di viatico ad una corrente artistica o pseudo tale ma, oggettivamente, quando è stata coniata si è deciso fosse quella che rendeva meglio il concetto che doveva essere espresso attraverso questo nuovo modo di agire sull’Arte stessa.
Di difficile traduzione, forse in francese si potrebbe tentare un PlucArt che però perde il calembour o magari un anglosassone ShabArt che però, a sua volta, il calembour lo avrebbe con una forma artistica da festività ebraica. Allora magari un teutonico SchlamperArt ? Poco importa, CialtronArte va più che bene comunque perché anche il nome stesso più è cialtrone nella sua invenzione meglio è.
Il neologismo in questione infatti, cialtrone nella sua semi-impossibilità di attrarre il fruitore di arte medio, è il suffisso che indica un modo di operare da parte del cialtrista atto a non creare nulla dal nulla ma di comporre il tutto dal tutto.
Ovvero la fonte d’ispirazione e la tecnica utilizzate pur essendo originali nell’interpretazione vengono nutrite durante quella che definiremmo psicogenesi da indigestioni d’arte d’altri o comunque creazioni esistenti, fino all’esecuzione che pretende l’immediatezza, la genuinità e la mancanza di accuratrezza in ogni gesto.
Ciò poiché la CialtronArte ritiene di massimo valore l’istintività nella creazione,da cui è evincibile l’esatta portata del creato che meno rifinito e corretto sarà più aumenterà la potenza del proprio messaggio, che non è formale ma sostanziale.
Questo comporta l’utilizzo di quel che c’è per la realizzazione del concetto che si vuole rendere e non la ricerca di matriali extra rispetto a quanto reperibile al momento dell’ »istinto creativo » che può così essere immediatamente incanalato nella creazione materiale e non soltanto in una masturbazione teorica a definire quantità e qualità dei materiali e immaginare il finale del lavoro, che ovviamente dovtrà poi essere come stabilito. Un lavoro « domato » insomma. Sit platz e l’opera sarà lì per sempre esattamente come doveva essere fatta di ciò che si voleva fosse fatta a prescindere da costi, distanze e tempi. La Cialtropera no, infatti il cialtrista quando esplode nel suo estro e ha in testa ben chiaro quanto da rappresentare deve eseguire il tutto immediatamente prima del termine del climax e quanto lo circonderà, a seconda dell’ambito in cui cialtreggia, sarà tutto quanto di cui ha bisogno.
Altro valore fondamentale per la CialtronArte, e spesso conseguente a quanto appena espresso è la caducità di quanto si crea, a prescindere che magari si stiano utilizzando materiali eterni o comunque quasi indistruttibili (siano essi fisici o virtuali). Infatti l’opera cialtrista sta al restauro come il mandala sta alla definitività ; ogni segno, rottura, modifica dello stato primigenio dell’opera diventa parte integrante della stessa, così come i segni del tempo lo sono per il suo autore e gli eventuali fruitori.
L’opera cialtrista è quindi un work in progress perenne, anzi forse addirittura meglio definirlo un decay in progress, che porterà l’opera stessa a modificare il senso della sua essenza ed il numero di significanze attibuibigli.
Si parla ovviamente dei pareri altrui oltre che quello del cialtrista, magari però nel frattempo deceduto (e quindi l’autore stesso rimane immobile ad un idea del significato ormai superata dallo stesso essere dell’opera) da cui la negazione del principio di « immutabilità » da sempre inseguito nell’Arte e il tentativo di eternizzazione dell’opera degli artisti, assolutamente in contrasto con la realtà delle cose per la maggior parte degli esseri umani, invece quotiodianamente alle prese con il Tempo e la sua ineluttabile quanto inesorabile opera di cancellazione del tutto per lasciare spazio ad altro.
Questo è lo scopo ultimo della Cialtropera, lasciare spazio ad altri propria sponte o comunque modificare il proprio essere in altro per altro significare per chi la vorrà osservare.
Spesso è proprio ciò che materialmente circonda il cialtrista a legarne le forme e la fisicità, gli algoritmi e la virtualità. Sono pre-esistenze quelle che compongono l’opera cialtrista e sottintendono all’impossibilità per ciascun “artista” di conoscere quant’altro prodotto magari tale quale a quanto crea, nell’orgia temporale che lo ingoia e che ci ha tutti preceduto, senza contare il numero di esseri “creativi” che per secoli non hanno avuto la fortuna di imbattersi in chi la loro opera avrebbe dovuto catalogare o segnalare.
Questa impossibilità di essere certi della propria originalità è quanto spinge il cialtrista a utilizzare il sicuramente già presente e modificarlo a prorio uso secondo quella che un secolo dopo ripropone concetti Dada ma, ça va sans dire, in versione Umpa.
La CialtronArte intende decretare la fine dell’Arte nel senso dell’accezione comune del termine poiché l’overdose continua di tutto e il contemporaneo diluvio “artistico” portato dalle nuove tecnologie massifica quanto una volta era “lavoro” per pochi e sovraffolla il proscenio di potenziali artisti (magari one shot, ma pur sempre creatori di qualcosa che se infilato nei canali giusti al momento giusto potrebbe rappresentare Arte pur sostanzialmente non essendolo - poiché troppo spesso prodotto dal caso o da opportunismi da mercante e non da una vera coscienza artistica - per meri scopi di lucro da parte di soggetti ben identificabili che perseguono il profitto al di là della qualità offerta (come del resto in ogni loro altra attività) decretando successi o flop a seconda della convenienza del momento. La cialtronarte è quindi una corrente artistica da me fondata nel 2017 dove i materiali utilizati sono oltre che di recupero, possibilmente anche deperiibili. La cialtronarte si pone come antitesi all'Arte immanente che l'umanità si porta dietro da secoli riempiendo ogni nicchia ed impedendo spesso lo sviluppo e la presenza di altre forme artistiche più recenti ma spesso costrette in spazi angusti per il numero di opere a lunga durata prodotte nei secoli. La cialtronarte non insegue l'immortalità ma anzi la mortalità di se stessa oltre che quella del proprio autore onde lasciare spazio a nuove leve e nuove opere. La cialtronarte è a metà strada tra il mandala tibetano destinato a volatilizzarsi nel vento e la caducità del corpo umano destinato a decomporsi post mortem.
La cialtronarte è inoltre grido di protesta nei confronti di tutta quell'arte spacciata per seriosa ed importante quando di fatto altro non è reinterpretazione di deja vu secolari o esternazione di ego spropositati di soggetti sedicenti artisti. La cialtronarte è incazzatura nei confronti del meretricio artistico. La cialtronarte è l'unica forma d'arte che si avvicina al modo di essere del cosiddetto essere umano, un cialtrone autoreferente che osanna il proprio fare assolutamente ininfluente su quanto la natura gli riserva e sulla durata della validità del suo ponzare, sempre uguale e sempre quello da millenni che si autoproduce in cervelli che, al massimo, ne mutano la foggia per far sembrare nuovi concetti da sempre espressi e finiti, come tutte le cose umane, sulle ruotone da criceto in cui i loro generatori continuano a correre senza rendersi conto dell'assoluta vuotezza della concettualità, financo quella spirituale, che pretendono di inserirvi. Cialtronarte vuol dire essere coscienti che l'arte è morta e che la morte dell'arte è ormai solo arte della morte; morte del pensiero, morte dell'originalità morte dello stesso possibile significato di arte, stuprato da chiunque sulla stessa abbia nei secoli tratto guadagni o fama.
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